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Il figlio della barca

di

Mustapha Ouelli

 

 

Non c’è, nella stabilità di un uomo che ha la ragione e la disciplina, un riposo.

allora lascia la patria ed esiliati.

                               Ho visto che lo stagnare dell’acqua la imputridisce.

                              Se scorre è più buona e se non scorre non è buona.

(del poetaAchafiai)

 

Lei abitava in un appartamento accanto al nostro, era una donna sui quaranta, secondo me veniva dal deserto   africano per il bel colore nero nero che aveva. La sua faccia era magra , stanca e triste. Sorrideva poco e aveva un figlio, che al contrario era pieno di vita, un bambino di quasi cinque anni, bello, che giocava tantissimo e faceva molto rumore. Lei lo rimproverava sempre e gli ordinava di stare calmo, ma lui si vedeva che non era un tipo molto obbediente.

Nel nostro palazzo c’erano tanti anziani, alcuni soli, malati psichici in condizioni di abbandono. Sono spesso così le case popolari di Milano. E’ normale trovare un palazzo di quattro o cinque piani senza ascensore, con appartamenti senza bagno o senza doccia. A dire la verità il nostro palazzo era abitato soprattutto da anziani che erano molto silenziosi. E l’arrivo di questo bambino ha dato vita a questo posto.

Mi ero trasferita in via Mercantini per lavorare come badante da una signora anziana.

All’inizio, io e la mia vicina ci salutavamo appena, quando ci incontravamo faccia a faccia. Si vedeva che lei era un tipo che non amava chiacchierare. Parlava solo se costretta, rispondeva solo con poche parole e con un sorriso appena accennato. Chissà che cosa nascondeva.

Io andavo spesso al parco di via Baldinucci con la signora di cui mi occupavo. Lei si metteva a chiacchierare con le sue vecchie amiche e io passavo il tempo a guardarmi intorno, a giocare con il mio cellulare. E lì vedevo la mia vicina con il suo bambino che giocava con gli amici. Non ho mai osato sedermi sulla sua stessa panchina, perché il suo comportamento non mi ha mai incoraggiato.

Un giorno ero al parco con la mia signora e lei con suo figlio. Lei come al solito alzava la voce con il bambino e gli ordinava di stare attento, perché poteva farsi male. Ad un tratto il bambino si mette a correre veloce e cade, la mamma si arrabbia e lo sgrida, ”Hai visto cosa ti è successo!”

Istintivamente mi sono alzata e ho raccolto il bambino da terra. Fortunatamente non aveva niente, solo un graffio al ginocchio. Il bambino tornò subito a giocare. Io mi sono avvicinata alla mamma e ho avuto il coraggio di sedermi accanto a lei, sulla sua stessa panchina. Sono rimasta zitta per un momento. E’ stata lei che ha cominciato a parlare. ”Il mio bambino è proprio irrequieto e agitato. No?!”

Io rispondo ”No, è come tutti i bambini, io lo vedo un bravo bambino”

Lei: ”sono faticosi ma sono anche degli angelotti [ha usato proprio questa espressione] , tu hai bambini?”

Io: “ Sì, ho una bambina, ma vive nel mio paese con i miei”.

È cominciata in questo modo l’amicizia con la mia vicina. Che mi ha raccontato alcuni fatti della sua vita, tipo che si era sposata molto giovane, come spesso succede in Africa, e che dopo pochi anni era rimasta vedova. Però la grande sorpresa per me fu quando mi disse che lei non aveva avuto figli, e proseguì “Sono diventata la sua mamma nel momento in cui la sua vera mamma è mancata …”

Ha fatto un grande sospiro e dopo un attimo di silenzio mi ha detto “ Ti racconto una storia. Una storia diversa da tutte le altre. Ti racconto il mare, il buio, la strada bianca di sole, polverosa e vuota in mezzo al deserto, il cielo azzurro …

“In una notte in mezzo al mare c’è una barca e tra i suoi passeggeri c’è una donna incinta, tutti stretti

e ammassati … Improvvisamente la donna incomincia ad urlare dal dolore; ha le doglie. Nessuno può aiutarla, la sua amica non riesce che a tenerle la mano e a incoraggiarla a sopportare … Si rialza urlando: “Chiedete aiuto!”. Ma nessuno si occupa di lei. Continua ad urlare ed urlare finché uno dei passeggeri grida: “Fatela stare zitta, oppure buttatela a mare! Forse starà meglio lei e staremo meglio anche noi.” Un altro gli strilla: “Taci, misero! Hai dimenticato i favori di suo marito per noi tutti?”.

Tutti tacciono e cominciano a pensare a come erano: un gruppo di persone nel deserto che affronta una tempesta di sabbia con a capo un uomo, Rahaal, che chiede loro di sopportare … Superano la tempesta

grazie all’esperienza e l’abilità di questo uomo, che insiste per salvarli e trovare per loro delle soluzioni ad ogni ostacolo incontrato (mine ai confini, fili spinati …). Lui è l’unico che conosce il percorso, perché ne ha già avuto esperienza, senza successo … Riesce a portarli fino al mare, dove

incomincia l’avventura più pericolosa. E grazie alle sue conoscenze provvede ad avere una barca in un tempo brevissimo. Mentre si preparano per andare al largo arrivano le guardie costiere, che ordinano loro di fermarsi, mentre lui grida ai suoi compagni di muoversi. Dopo che si accerta che

tutti siano saliti sulla barca, e mentre lui stesso si stava avvicinando per salirci, lo colpisce una pallottola. La barca si inoltra nel mare e si allontana dagli occhi.

Torniamo alla barca. Un uomo dice: “Rahaal era come la cera di una candela. Si è consumata per dare luce a noi”. Un altro dice:

“Ci ha insegnato il senso della vita e l’importanza di cercare la verità”. Un altro ancora dice:

“Rahaal non è morto, lui è vivo nei nostri cuori. Voi non avete visto il suo grande sorriso e anche mentre moriva era felice”. Si alza uno tra loro: “ Tutti noi siamo quell’uomo, tutti noi cerchiamo la vita”. Si toglie la camicia, la impregna di benzina e le dà fuoco, buttandola nel mare per dare un segnale di richiesta di aiuto. Tutti tacciono a lungo. Rompono questo silenzio le grida del bambino.

La donna ha partorito. Tutti ridono, la donna guarda il suo bambino e questo è il suo ultimo sguardo… Lascia la vita, non sopportando il dolore del parto. L’amica la copre con un telo…                                                                       Un profondo silenzio riveste l’imbarcazione e non si sentono se non le grida del bambino che si affievoliscono man mano. Forse l’acqua del mare, ondeggiando, culla il bambino come un ventre materno.

Improvvisamente il posto si illumina tutto come fosse giorno. Arrivano i soccorsi. L’amica guarda con occhi lucidi dicendo: “È troppo tardi.” Subito sale a bordo il primo soccorritore, controllando lo stato di salute dei passeggeri. Nota la presenza del bambino e chiede: “Di chi è

questo bambino?”. L’amica risponde: “Questo è il figlio della barca”.

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