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Eduart spanjolli

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 Questa seconda fatica di Artur Spanjolli merita qualche approfondimento per molteplici ragioni, la prima e più significativa è la relazione fra questo romanzo e tematiche e modalità narrative proprie di alcuni momenti della primigenia storia della letteratura italiana. Diffuso, specie nella prima parte del romanzo è il riferimento a Dante e allo Stil Novo in generale, come pure per qualche aspetto alla poetica di Petrarca. Significativa è pure l’impostazione strutturale del romanzo fatta su più piani temporali. Altro elemento di una certa importanza è l’organizzazione della lingua adoperata. Infine ultimo, ma non meno significativo è l’intenso patos che pervade l’opera e coinvolge il lettore.
Chi abbia studiato i primi momenti storici della letteratura italiana sa che essa fu contrassegnata dalla poetica del Dolce Stil Novo la cui caratteristica fondamentale era l’angelicazione della donna, o per meglio dire la funzione della donna-salvezza; tema ancora presente nella letteratura italiana del ‘900 (Vittoriani, Silone, Montale, per citarne alcuni).
Ma non è solo l’esaltazione della donna-salvezza ad essere presente nel testo dello scrittore di origine albanese, quanto piuttosto la modalità attraverso cui gli stilnovisti riconoscevano l’elevatezza della donna. L’elemento comune ai poeti fiorentini del primo trecento era, infatti, la descrizione degli effetti che l’incontro con la donna produceva. Dante scriveva di Beatrice “ch’ogne lingua diven tremando muta, e gli occhi non l’ardiscon di guardare”. Il mutismo, l’impaccio, il tremore, la modificazione fisica all’apparizione di Eugenia la protagonista femminile del romanzo Eduart, sono elementi costitutivi di tutto il primo capitolo del romanzo. Il personaggio principale del romanzo non riuscirà a parlare con Eugenia, proprio perché incapace sul piano fisico. Questo avverrà alla fine del romanzo quando sarà sfumata ogni possibilità di una unione con lei, quando il suo percorso formativo sarà concluso, quando sarà riconosciuta l’influenza che Eugenia ha avuto nella direzione di maturazione di Eduart, infine anche perché Eugenia è convogliata ad altre nozze. La descrizione fisica di Eugenia è limitata, sarebbe stato troppo anacronistico rispetto ai topos letterari contemporanei non farne per nulla cenno, ma si insiste molto sul sorriso e sugli occhi, cioè, ancora una volta, su quegli aspetti tipici della poetica stilnovistica. A ben guardare la stessa trama ripropone con modalità diverse la Vita Nova di Dante. Il superamento e l’allontanamento, la passione per altre donne, l’intorbidamento sessuale per loro, che in questo caso assumono la funzione di donne dello specchio, fino ad una sorta di glorificazione finale di Eugenia sembrano proprio una ripetizione della storia proposta da Dante nella sua opera giovanile. Il ritorno sui luoghi dell’innamoramento, dopo anni, risponde alla logica del ravvedimento totale e della redenzione che presuppone una vita tutta dedita all’arte e alla celebrazione dell’amore per Eugenia.
Manca la morte di Eugenia, perché il parallelismo con l’opera dantesca sia completo. In alcune parti ci sono anche indizi che più chiaramente fanno riferimento all’opera dantesca, come quella del ricordo del calcolo 11 per 9 il cui risultato è 99, un multiplo di 9 e quindi del 3, numero mistico per Dante e tutta la cultura medioevale.
La struttura del romanzo propone una componente immaginifica-visionaria che si sovrappone alla struttura narrativa coeva al momento narrativo, e una componente onirica, tutt’altro che moderna cioè legata in qualche modo ad una aspetto psicanalitico, perchè anch’essa molto legata alla concezione dantesca della vita nova e della Commedia cioè con valenza predittiva.
Ma Eugenia non è solo la donna che salva, è anche la donna idealizzata, sognata e desiderata sul piano fisico e sotto questo aspetto nel romanzo è presente anche la lezione di Petrarca. Essa è la donna ideale, platonicamente amata, perché non la si vuole ridurre ad un amore fisico, ne verrebbe meno la tensione amorosa, erotica, e la si materializzerebbe. Nella narrazione c’è l’accorgimento a che questa possibilità di riduzione al terrestre, al materiale non possa avvenire.
Il narratore è esterno e si devono riportare fra virgolette i discorsi dei vari personaggi o in corsivo le immaginazioni del protagonista. Le maturazioni di Eduard, il suo cammino di formazione vengono narrati dall’esterno. Da questo punto di vista, forse l’intenzione del narratore è stata quella di staccarsi dal modello dantesco e di avvicinarsi in una certa misura ai modelli narrativi moderni.
In questo contesto, pregevoli sono alcuni riferimenti alla situazione interna albanese nei momenti del dominio comunista e nel passaggio alla fase capitalistica. Con poche pennellate efficaci viene descritta la crisi degli anni ’90. Sono importanti le descrizioni e analisi del modo di sentire e vivere quegli episodi, quelle fase storiche da parte della gioventù, la loro ansia nel cercare qualcosa che desse speranze alla possibilità di realizzazione dei loro sogni, al disinganno per la frustrazione seguita agli avvenimenti che accadevano in patria, alla disillusione di quanto anche fuori dalla loro patria, nelle patrie del capitalismo venivano scoprendo.
Il linguaggio vuol essere esuberante, poetico in qualche modo, quindi con la ricercatezza di aggettivi, vocaboli poco usati. Un tono elevato che doveva far da bordone al tema trattato. Di tanto in tanto però si registra qualche caduta, forse per la volontà di essere aderente alla realtà, ma compromettendo lo stile che allora non risulta più del tutto adeguato alla tematica trattata.
L’altro aspetto significativo è la tensione che serpeggia in tutto il romanzo. E’ fortemente sentito, intensamente comunicato. Sembra per molti versi uno scritto giovanile, adolescenziale, se non fosse per la maturazione linguistica e tematica presente. Se ci si immerge subito nel personaggio il libro lo si legge d’un fiato e sempre con estremo interesse. La carica emotiva che trasmette, gli ideali, i valori che comunica sono profondi e coerentemente comunicati.
Il risvolto di copertina offre una dichiarazione di Mario Luzi che rende onore all’autore. Le note biografiche nell’altro risvolto di copertina si possono collegare con perfetto parallelismo alla vicenda di Eduart. Potrebbe sembrare un romanzo autobiografico se non fosse per il narratore che è in terza persona e per il nome del protagonista.
Questa scelta lascia qualche perplessità perché gli strumenti culturali di Spanjolli avrebbero potuto fare anche di un testo autobiografico qualcosa di più mordente. Ad esempio non ha potuto usare adeguatamente il monologo interiore. L’incertezza fra il seguire fino in fondo il modello dantesco e il coniugarvi una autonomia costruttiva, forse, ha impedito all’autore di essere più coerente ed audace nello stesso tempo.
Rispetto al primo romanzo di Spanjolli questo è meno equilibrato, più carico e più giovanilistico. Certamente l’aspetto più positivo che si ricava da un romanzo del genere è la capacità di assimilazione della cultura italiana anche quella più tradizionale e la rielaborazione in chiave personale, cercandone una attualizzazione significativa e poeticamente valida.

 

12-01-2006

 

 

 

 

 

 

 

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