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restituiscimi il cappotto

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Divertentissimo ed insolito racconto ad un unico personaggio che mediante un monologo interiore episodico e dilatato nel tempo, ma su un unico argomento, si crea un antagonista che gli avrebbe rubato, forse accidentalmente, forse volutamente un cappotto.
Il furto, secondo la storia, è quello che salva il protagonista dal progetto di un suicidio perché nell’attesa che gli venga restituito egli non può più mandare ad esecuzione quello che aveva ipotizzato. L’antagonista non appare mai concretamente, è solo proposto, descritto, presentato dal protagonista. Il cappotto non gli viene mai restituito, ma questa vacatio è l’occasione perché egli metta a fuoco se stesso, la realtà, perché scopra la sua indigenza, il rancore che ha nei confronti di chi è in posizione diversa dalla sua, ma nel medesimo tempo l’invidia che gli porta.
Si intravede, di tanto in tanto, una dura critica alla realtà che si vive, anche se essa è misurata e non trascende proprio perché tutto viene giocato in questa tragicommedia della mancanza di restituzione del cappotto.
Ad un certo punto, ad esempio, si dice, parlando dell’antagonista: “saresti un fuorilegge persino nella giungla senza legge”, ove il significato sembra equivoco, ed invece è una fortissima critica ad una mancanza di legge, norma che impedisca che si faccia solo il proprio tornaconto. La condizione umana è quella di porre tutti nel campo dell’esistenza ma mentre alcuni si trovano nel regno della sofferenza, altri sono in quella del divertimento, dell’indifferenza.
Ma l’io e l’antagonista seppur immaginario sono una stessa persona, sono le diverse anime del medesimo io. Dice l’io narrante: “avverto che c’è una sorta di doppiezza esistenziale che si affaccia nelle viscere per mostrarmi che una parte di me è altrove, in un altro individuo che mi prende a morsi e mi vuole uccidere” ed ancora “è mai possibile che, mio malgrado, io sia il tuo rovescio, la metà spezzata? Quindi due entità con differente personalità e fisionomia”. Su questa dualità spezzata dell’io che, indifferente, egoista da una parte, con tenore di vita superiore, ed dall’altra che si trascina, in ogni momento in crisi con se stesso, con le proprie risoluzioni, con la propria vita, sempre sfiduciato, gioca tutto il racconto, sarcastico, bonario, canzonatorio.
L’autore coglie nel segno la realtà, la duplicità insita in ciascuno di noi con gli alti e bassi che ci contornano. Con la consapevolezza della nostra nullità in ciascun momento e dall’altra con la nostra indifferenza tutta tesa a conquistare, a primeggiare, ad approfittare degli altri. Queste due personalità che cozzano fra di loro senza riuscire quasi mai a raggiungere una unità e facendoci costantemente vivere in una perenne schizofrenia.

 

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