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Nuovo immaginario

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L'apparato critico sulla letteratura della migrazione si è arricchito di un nuovo, intenso e significativo testo. La sua organizzazione possiamo dirla a specchio perché dopo aver individuato alcune problematiche che potevano essere messe a confronto con opere della letteratura italiana, le artefici di questo volume hanno scandagliato testi e autori della letteratura italiana e della cosiddetta migrazione li hanno comparati.
Intanto la geografia dei testi presi in esame è stata veramente numerosa. Pochi testi di stranieri sono sfuggiti alla attenzione delle autrici.
Temi e problematiche fra le più significative, dalla percezione dello straniero integrato a quello "clandestino". Straniero in via di integrazione, straniero delinquente, straniera/o prostituita/o, fino ad arrivare alla considerazione della lingua con cui lo straniero viene descritto nelle opere letterarie sia degli autori non italiani che di quelli autoctoni.
Un primo dato sembra emergere in maniera chiara: i nomi più significativi e/o con un maggior successo di pubblico, nella fase attuale, della letteratura italiana non hanno avvertito il cambiamento in corso nella società italiana dato dall'arrivo e presenza degli stranieri immigrati. Sembra che questo fatto sia del tutto sconosciuto. Nella bibliografia posta in calce al volume ove è possibile in maniera riassuntiva individuare chi, fra i letterati italiani, sia stato attento e chi no al fenomeno dell'immigrazione è possibile evincere, ad esempio, che fra gli ultimi 8 finalisti del premio "strega", ben 6 non conoscono il problema dello straniero presente in Italia. Ma così potrebbe anche dirsi del premio "campiello". Anche se ultimamente, forse, qualcosa sta cambiando, (ma positivamente?), tuttavia la disattenzione degli scrittori italiani sul fenomeno dell'immigrazione è per lo meno scandaloso. Ancora una volta che rapporto c'è fra letteratura e società? Non è forse evidente dalla lettura di questo saggio che la letteratura italiana si stia avvitando su se stessa senza riuscire ad aprirsi intenzionalmente a tutta la drammatica novità che nella scena nazionale, europea e mondiale sta avvenendo. Non è un caso che stia diventando di moda un genere, che seppure nobilitato rispetto alla indifferenza di qualche decennio fa, tuttavia non può e non riesce a rispondere alla complessità della vita, che non è intrigo, noir, giallo, ma sofferta umanità e anelito ad una "liberazione" e non allo scioglimento di una investigazione.
Specularmente anche gli scrittori migranti non hanno avuto molto accesso presso le grandi case editrici. Le piccole sono state molto più attente al fenomeno, ma quante indotte più che attente. Emblematico è il caso della scrittrice della scrittrice Tamara Jadrejcic che nel 2003 vinse il premio Calvino e non ci fu nessuna casa editrice di una certa importanza a pubblicare le sue storie. Solo qualche anno più tardi la sua raccolta di racconto "I prigionieri di guerra" sono stati pubblicati dalla casa editrice dell'Associazione interculturale Eks&Tra.
Un altro dato significativo è che nella percezione della realtà sociale italiana in cui ormai gli stranieri immigrati occupano un posto significativo, gli scrittori immigrati sono più avvertiti, sensibili e più ottimisti.
Nelle conclusioni le autrici di questo saggio dicono: "proprio attraverso la letteratura abbiamo visto cambiare la società italiana degli ultimi 20 anni passata da un atteggiamento di sostanziale chiusura…a una più diffusa curiosità, sensibilità e attenzione…[pur]in mezzo a una emergenza della xenofobia degli italiani e al gioco 'sporco' della comunicazione di massa…la letteratura migrante ha presentato, sin dalle sue prime apparizioni editoriali, personaggi stranieri molto aperti".
Significativo è anche quanto affermano successivamente e cioè che gli scrittori italiani "non rappresentano l'incontro con lo straniero in modo paritario e questo è testimoniato anche dalle scelte linguistiche, visto che lo fanno parlare poco o in modo 'scorretto'". Gli scrittori migranti invece "rappresentano in modo compatto lo straniero come padrone dell'italiano, e spesso infastidito dal fatto che gli indigeni diano per scontato la sua incapacità di parlare la nostra lingua correttamente". Gli stranieri nei loro scritti prospettano ormai una società futura in cui la diffidenza tra l'autoctono e lo straniero è superata ed è avvenuta una società totalmente multietnicizzata.

12-02-2010

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