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Nel libro-diario di Bouchane, c’è qualcosa di significativo. Questo marocchino ha sentito la necessità, arrivato in Italia, di scriversi un diario.
In questo primo atto non c’era nessuna finalizzazione alla pubblicazione, e chiunque mastichi un po’ di letteratura sa benissimo come questa viva essenzialmente e principalmente della necessità della scrittura che è una delle forme umane principali capaci di portare alla liberazione di sé, di portare alla salvezza del proprio io, di farci diventare degli albatri dal momento che senza scrittura ci si sente goffi, molto spesso incapaci di parlare, restii alla comunicazione superficiale qual è quella prossemica, a volte disperati così come accade a Moammed Sceab36 di ungarettiana memoria, Bouchane continua a dichiarare che non è sua intenzione scrivere altro, che la sua vita è realizzata nella famiglia, nel lavoro e nella sua fede religiosa. Non so se Bouchane sentirà ancora necessità di riprendere penna e rifissare sulla carta i suoi sentimenti, la sua vita, le sue fatiche, e se ritroverà rifugio come ha fatto una volta nella pagina scritta, qualora le esperienze future lo toccheranno duramente. Quello che per noi è importante, è sottolineare il fatto che l’atto iniziale di Bouchane è un puro atto letterario.

2006

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