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Nuvole sull'equatore

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Il secondo romanzo di Shirin Fazel Ramzanali è stato finalmente pubblicato dopo anni di giacenza nei cassetti della scrivania o forse per meglio dire nelle cartelle di qualche hard disk. Si iscrive in quel genere di romanzi postcoloniali che affrontano problemi legati alla presenza in Somalia e nel corno d'Africa di italiani e del loro comportamento nei confronti delle autoctone. In particolare il problema di figli e figlie di italiani e madri somale, in genere abbandonati poi dai padri anche perché era impossibile legalizzarli a causa dei retaggi razzistici che vigevano nella consuetudine anche dopo la seconda guerra mondiale e che mal consideravano i rapporti con somale e i figli nati da queste relazioni.
E' il frutto di politiche culturali di razzismo di cui l'Italia e gli italiani non hanno mai fatto i debiti conti.
Shirin Fazel tratta di questi bambini, in genere abbandonati, curati dalle madri con grande fatica e spesso in totale povertà. Non affronta l'argomento con acredine, ma spesso emergono le difficoltà di questi bambini di avere un ambiente sereno nella terra dove sono nati, perché meticci, e perché contemporaneamente non hanno qualcuno che li protegga, li sappia difendere.
In questo romanzo si tratta della storia di una bambina vista nella sua crescita, negli stenti, nella formazione collegiale, di cui vengono evidenziati i difetti dovuti sia ad una concezione pedagogica arretrata e poco rispettosa delle esigenze dei bambini, sia alla singolare considerazione di chi era meticcio/a.
La scrittrice di origine somala accompagna passo passo la crescita di questa bambina, Giulia, dai momenti più felici dopo la nascita e la vita insieme alla madre e al padre assistita da una bambinaia, fino a quando la separazione dei loro genitori, la conduce alla vita in collegio di suore cattoliche e al successivo ricongiungimento con la madre, poi sposa di un uomo del suo paese.
Il desiderio di ricercare il padre e rivederlo spingerà poi la protagonista a venire in Italia.
Il primo capitolo del romanzo serve a presentare i personaggi, l'ambiente, così che successivamente il lettore conosce gli attori, gli antecedenti di ciascuno di loro rispetto al momento in cui la storia viene raccontata, il periodo ove collocare tutta la vicenda. Così sappiamo che Amina, era stata sposa di un iemenita, maltrattata da lui e un po' ribelle, alla fine aveva ottenuto il divorzio. Come anche veniamo a sapere che Guido si era spostato in Somalia dopo la seconda guerra mondiale e "trascorreva le notti in compagnia di ragazze raccolte nei bar o in qualche bordello…i rapporti con le donne italiane richiedevano impegno e formalismo ai quali non era incline. Quando incontrò Amina, riuscì finalmente a dare un significato alle sue lunghe notti equatoriali. La successiva nascita di una figliagli consentì di crearsi il legame di cui aveva bisogno".
Un aspetto che lascia amareggiati è la constatazione che sostanzialmente il comportamento culturale degli italiani nel Corno d'Africa prima e dopo le fasi della guerra non era mutato. In Italia c'era stata la lotta partigiana, la liberazione, il referendum sulla monarchia e repubblica, il voto delle prime donne, una Costituzione fra le più avanzate nel mondo, nel Corno d'Africa molto del vecchio era ancora rimasto anche durante il periodo dell'A.F.I.S. (Amministrazione Fiduciaria Italiana in Somalia), così che la narratrice può dire subito all'inizio che "Le coppie miste evitavano di tenersi a braccetto. Retaggio delle leggi fasciste che proibivano la mescolanza delle razze."
Retaggio razzista che Giulia avvertirà, come si diceva prima, dalla diversità di comportamento che suore del collegio avevano a seconda che i bambini fossero meticci o del tutto figli di italiani. Anche la relazione con i compagni di scuola delle superiori era segnata da questo marchio della pelle.
E Giulia può ritenersi fortunata perché Amina, sua madre, dice che Guido "al contrario di altri italiani, è stato corretto con me e ti ha dato il suo cognome."
Per questo a Giulia sarà relativamente facile ottenere il visto di rimpatrio ed arrivare in Italia ritrovare il padre. " 'Sono Giulia'. Poi più niente, era una farfalla che volava su un campo di girasoli cullati dal vento. Non udì le parole di quel vecchio. Vennero scompigliate dal vento, volarono alte, danzavano come in un vortice e si dispersero in un cielo azzurro popolato di nuvole".

22-06-2010

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