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Contesa per un maialino
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- Creato Lunedì, 27 Maggio 2013 09:28
- Ultima modifica il Lunedì, 27 Maggio 2013 09:28
- Pubblicato Lunedì, 27 Maggio 2013 09:28
- Scritto da Raffaele
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E’ uscito da pochi giorni l’ultimo romanzo di Amara Lakhous il cui titolo richiama il famosissimo “Scontro di civiltà…”; in questo caso il termine usato è “contesa”. Come nei precedenti romanzi, anche in questo ci si trova di fronte ad investigazioni, ad intrighi.
La caratteristica però in questo romanzo è che le storie sono tre che si intrecciano e si inseguono. La prima, quella del maialino, quasi comica, mette in risalto tutta la goffaggine della assurde contese basate su principi religiosi, ideologici, razzistici. Uno scherzo di ragazzi rischia di diventare un casus belli che coinvolge più movimenti e più gruppi. La seconda storia, più articolata e più significativa, riguarda la messa in scena da parte di un giornalista (Enzo, il protagonista) di una faida fra albanesi e romeni evidenziata dalla morte di quattro albanesi e tre romeni. La terza, quella vera attiene invece al coinvolgimento della ‘ndragheta nella morte sia degli albanesi che dei romeni, ma anche della sua oscura presenza su affari o malaffari nella città di Torino.
Il romanzo non propone una soluzione dei vari intrighi se non per la prima banale contesa del maialino. La tenebrosa incombenza della ‘ndragheta pone un quesito. E’ l’anticipazione del successivo romanzo? La frase finale del libro “chine nàscia rutunnu non mora quadratu”, lo lascia presupporre. E’ la denuncia della irrisolvibilità (fatto tutto italiano) di tutte le questioni legate a mafia, camorra e ‘ndragheta?
Il romanzo di Amara Lakhous si svolge con leggerezza. Affascina il lettore che non viene sopraffatto da storie angosciose o tortuose. Le levità della narrazione è determinata in special modo dai continui interventi della madre del protagonista che gli telefona spesso, pur essendo a distanza di moltissimi chilometri da Torino perchè dimora in un paese del meridione, e gli raccomanda le più minuziose cure da adottare nella gestione della casa, perfino della scadenza dei cibi conservati nel frigo. La donna è informata di tutte le mosse del figlio da due persone, due donne anziane: una vicina di casa che Enzo chiama zia e la donna di servizio. E' così osservato e “protetto” che intervengono anche quando dovrebbe essere lasciato in pace, così come avviene quando sta per concludere un approccio amoroso con una donna.
Una sottile ironia, proprio per questi elementi, serpeggia in tutto il romanzo. Ironia della professione di giornalista: “Il novanta per cento delle notizie pubblicate quotidianamente è falso. Il cinque per cento non è verificato e soltanto il resto sono notizie vere”. Ironia sulla onnipresenza delle madri meridionali. Ironia su conflitti che si instaurano fra gruppi di persone. In questo caso un maialino, a cui si vuole addirittura conferire la dignità di maialino italiano se non padano.
L'ultimo aspetto da sottolineare è quello dalla pluralità del registro linguistico, da quello dialettale, che fa capolino di tanto in tanto, a quello specialistico del giornalismo, a quello della parlata popolare quotidiana.
Maggio 2013
La caratteristica però in questo romanzo è che le storie sono tre che si intrecciano e si inseguono. La prima, quella del maialino, quasi comica, mette in risalto tutta la goffaggine della assurde contese basate su principi religiosi, ideologici, razzistici. Uno scherzo di ragazzi rischia di diventare un casus belli che coinvolge più movimenti e più gruppi. La seconda storia, più articolata e più significativa, riguarda la messa in scena da parte di un giornalista (Enzo, il protagonista) di una faida fra albanesi e romeni evidenziata dalla morte di quattro albanesi e tre romeni. La terza, quella vera attiene invece al coinvolgimento della ‘ndragheta nella morte sia degli albanesi che dei romeni, ma anche della sua oscura presenza su affari o malaffari nella città di Torino.
Il romanzo non propone una soluzione dei vari intrighi se non per la prima banale contesa del maialino. La tenebrosa incombenza della ‘ndragheta pone un quesito. E’ l’anticipazione del successivo romanzo? La frase finale del libro “chine nàscia rutunnu non mora quadratu”, lo lascia presupporre. E’ la denuncia della irrisolvibilità (fatto tutto italiano) di tutte le questioni legate a mafia, camorra e ‘ndragheta?
Il romanzo di Amara Lakhous si svolge con leggerezza. Affascina il lettore che non viene sopraffatto da storie angosciose o tortuose. Le levità della narrazione è determinata in special modo dai continui interventi della madre del protagonista che gli telefona spesso, pur essendo a distanza di moltissimi chilometri da Torino perchè dimora in un paese del meridione, e gli raccomanda le più minuziose cure da adottare nella gestione della casa, perfino della scadenza dei cibi conservati nel frigo. La donna è informata di tutte le mosse del figlio da due persone, due donne anziane: una vicina di casa che Enzo chiama zia e la donna di servizio. E' così osservato e “protetto” che intervengono anche quando dovrebbe essere lasciato in pace, così come avviene quando sta per concludere un approccio amoroso con una donna.
Una sottile ironia, proprio per questi elementi, serpeggia in tutto il romanzo. Ironia della professione di giornalista: “Il novanta per cento delle notizie pubblicate quotidianamente è falso. Il cinque per cento non è verificato e soltanto il resto sono notizie vere”. Ironia sulla onnipresenza delle madri meridionali. Ironia su conflitti che si instaurano fra gruppi di persone. In questo caso un maialino, a cui si vuole addirittura conferire la dignità di maialino italiano se non padano.
L'ultimo aspetto da sottolineare è quello dalla pluralità del registro linguistico, da quello dialettale, che fa capolino di tanto in tanto, a quello specialistico del giornalismo, a quello della parlata popolare quotidiana.
Maggio 2013