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la grande casa di monirrieh Zimardilli

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Il finale del bel romanzo di Bijan Zarmandili pone subito l’interrogativo se le vicende raccontate non siano una grande metafora della situazione iraniana attuale e della sua storia negli ultimi 30 anni.
La narrazione parla dei ricordi di una figlia dopo la morte della madre Zahra; si struttura quindi a partire da una persona morta, il personaggio del romanzo che ha compiuto il suo percorso di vita all’inizio della storia.
Le memorie della figlia di Zahra si riferiscono ad episodi vissuti, ma anche a confidenze ricevute dalla madre. I limiti temporali partono dal periodo in cui regnava Reza Khan, fino alla situazione attuale, ma concentrando l’insieme delle vicende più importanti nel momento del passaggio tra la monarchia e l’ascesa di Komeini al potere.
La libertà che Zhara si conquista da giovane, la sua intemperanza di fronte alle tradizioni religiose, la sua autonomia di decisione nella scelta delle persone da amare, rifiutando la tradizionale imposizione genitoriale, l’andare al di là dei costumi religiosi e sociali per stabilire un contratto matrimoniale, ci fanno intravedere un momento storico in cui si era stabilita una dialettica fra la società e il potere, ove la società, nella sua parte avanzata, ormai viveva e sperimentava una emancipazione di vita, data da una acquisita laicità.
La corruzione del potere, il suo tradimento perpetrato nei confronti della emergenza sociale ha condotto a una involuzione, alla sconfitta di tutte le illusioni.
Il processo dialettico non è stato progressivo, anzi si è rivelato regressivo, o almeno così può apparire da una certa visuale.
Il rapporto fra Zahra e suo marito sembra proprio la rappresentazione metaforica delle forze dialettiche fra società e potere politico prima dell’avvento di Komenini. Zahra corrisponderebbe alla società che si affanna ad emanciparsi e che si illude di poter perseverare in questa ricerca fino al limite della totale autodistruzione. Il marito di Zahra, mai nominato per nome, potrebbe rappresentare l’incapacità del potere di legare responsabilmente la propria vita alla società e che alla fine non può che essere tradito da quest’ultima. Anche lo sviluppo successivo della vicenda può essere letto come una metafora della storia così come si è sviluppata in Iran a partire dalla rivoluzione komeinista.
La società deturpata nella figura delle condizioni di Zahra, il pentimento di quest’ultima di aver tentato una rivoluzione le cui conseguenza sono visibili si di lei, la sua morte, l’eredità di lucida visione laica lasciata alla figlia nel continuare quasi la sua missione progressiva fallita.
Anche la storia di Zahra con il giovane rivoluzionario Hassan, morto nel corso di una sparatoria della polizia, può essere letta metaforicamente.
Il romanzo, in linea con la forma narrativa oggi maggiormente in voga, è organizzato, cioè mediante scene di breve durata che rendono snella la lettura e progressivamente coinvolgono il lettore. Anche la scansione temporale, proprio perché data da ricordi e flash-back, non è mai totalmente lineare creando così nel lettore l’attesa e il desiderio di andare ancor più a ritroso e di scoprire fatti significativi.
Il testo può anche essere visto come uno spaccato illuminante delle aspirazioni, delle illusioni di generazioni di giovani iraniani, tradite nelle loro aspettative, ma anche incapaci di volgere a proprio favore circostanze storiche difficilmente ripresentabili.
Il testo di Zarmandili riesce a farci conoscere, attraverso la storia, la dinamica, il mistero della società iraniana, così diversa dalla società occidentale, ma anche diversa da quella araba. Ci presenta una società in cui il rapporto occidente-oriente è più dialettico di quanto si possa credere.

 

08-02-2006

 

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