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il cane alato bozidar

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“Facilità, scioltezza, amarezza”, sono le perplessità che probabili editori avrebbero sui testi di Bozidar Stanisic, dice il narratore in un suo racconto paraautobiografico. Dubbi sulla facilità di ricezione, osservazioni sulla mancanza di scioltezza, possibilità di infondere amarezza ai probabili lettori.
In queste considerazioni c’è una buona dose di autoironia, coniugata assieme alla rivendicazione di una totalità libertà dello scrivere, anche a costo di non pubblicare e di continuare per sempre la propria vita da tornitore che può dare più soddisfazioni creative che non stantii scritti fatti apposta per accontentare il gusto del pubblico. Rivendicazione della difesa della propria identità e della propria libertà di uomo, di persona che non soccombe non solo di fronte ad altre, ma neppure ad un conformismo di vita, di abitudinari età, di modalità e conformazioni di esistenza che riducono lo sviluppo della persona e lo imprigionano.
E’ questo il primo tema fondamentale di tutti i racconti della raccolta Il cane alato di Bozidar Stanisic.
La libertà di ogni scelta, di difesa della propria autonomia, di conservazione della propria identità, di riscatto della propria dignità è la cifra costitutiva che sta dietro ogni racconto, ogni personaggio, sia questi Brek, oppure Esenin.
La libertà che viene assegnata ad ogni personaggio deriva comunque dalla propria esperienza di uomo, intellettuale e scrittore, e non è un caso che ben due dei sette racconti abbiano come personaggio centrale quello dello scrittore non riconosciuto ma che sa essere fedele al valore della scrittura letteraria e della scrittura che abbia un senso indipendentemente da ogni possibilità di successo di pubblico. Sembrerebbe anzi dire il narratore che al giorno d’oggi il successo è spesso legato essenzialmente ad un inquinamento della scrittura, così degradata, piuttosto che alla sua qualità.
Un secondo tema che serpeggia qua e là in maniera insistente ma toccante riguarda le vicende della guerra fratricida dell’ex Jugoslavia.
Da una parte la inspiegabilità di una tragedia che non ha portato né vinti, né vincitori ma lutti, morte, tragedie, così che “alla fine arriverà qualche nuovo Fortebraccio dicendo: prendete i corpi”, proprio come in Amleto tutti muoiono mentre altri sono coloro che ne traggono vantaggi, dall’altra la consapevolezza della inutilità di essa e di ogni guerra, pensiero sostenuto da intellettuali, ma sconfitti dalla forza dei militari e delle armi. Ma la letterarietà e la significatività del testo risiede anche nella sua struttura formale. Intanto la linea di racconto è quella di una presentazione indiretta dei fatti narrati. Quasi sempre è un secondo personaggio, che fa da aiuto a quello principale, al narratore di solito, a introdurre o a svolgere le vicende della storia narrata.
Ne risulta un duplice effetto: da una parte la focalizzazione non è del tutto interiore, ma mista, ibrida, dall’altra il narratore sembra fare un occhiolino al lettore coinvolgendolo in una specie di alleanza.
Il risultato è che si stabilisce una specie di patto fra narratore e lettore che prova simpatia e consonanza di atteggiamenti col narratore, il quale spesso non solo sviluppa la vicenda ma sembra che ogni volta voglia anche spiegarla e giustificarla.
I racconti poi corrono fra il realistico e il surreale in una sperimentazione di organizzazione formale di cui è complice anche il relativo lungo periodo trascorso tra le varie composizioni.
La preoccupazione che poi si avverte è che si ricerca un senso da dare ad ogni racconto, un senso che sovrintende anche alle singole espressioni linguistiche. Si stabilisce quasi un esame fra narratore e lettore che sembra quasi chiedere insistentemente al lettore se ha compreso quanto sta leggendo.
Il racconto non si sviluppa per molte ed intense sequenze narrative, perché la fanno da padrone invece colloqui, riflessioni, funzioni catalitiche, tipiche di una narrativa della novella, del racconto lontana per certi aspetti da quella tipica italiana fatta invece del serrato susseguirsi di vicende e fatti e ascendenti alla tradizione di Boccaccio. La contaminazione, forse più significativa nelle forme fra letteratura veicolata dagli stranieri che vivono e scrivono in italiano e quella italiana è data dal genere novella che si sta modificando. In questo campo gli apporti dati da Julio Monteiro Martins, da Christiana de Caldas Brito, pur se lontani come origine culturale da quelli di Bozidar Stanisic sono molto similari.

 

18-04-2008

 

 

 

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