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mal di luna

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La prima innovazione che colpisce aprendo questo libro di poesie è la nuova impaginazione che vede il testo italiano sulla sinistra e quello albanese sulla destra. Tutte le opere precedenti avevano una veste tipografica al contrario. Ha un significato? Hajdari non fa mai le cose a caso e quindi anche questa scelta risponde a una nuova comunicazione che ha il corrispettivo anche sul piano grafico. Solitamente la lingua riportata sulla destra sta ad indicare la traduzione. Sappiamo che nel caso di Hajdari si tratta di riscritture. Ma forse fino alla silloge precedente la prima scrittura era stata l’albanese e la seconda l’italiana e questa volta è avvenuto il contrario?
Le novità, del resto non si fermano a questo livello, ma, ad una attenta lettura si rivelano ancora più profonde ed incisive, benché mascherate e nascoste nel ritmo versificatorio, nella struttura musicale e nelle immagini che presentano un continuum con tutti gli scritti precedenti.
La silloge è divisa in quattro parti. Le prime due raccolgono poesie di intonazione diverse; la terza parte raggruppa una serie di brevissime composizioni di due o tre versi, brevi ed istantanei momenti ispirati, folgoranti di suoni e di echi interiori. L’ultima si configura come una sorta di autoriflessione sul senso, difficoltà, funzione, missione della sua poesia.
Se ritmi, effetti sonori, termini propri del linguaggio poetico di Hajdari si ripropongono, totalmente nuova, e forse non ancora compresa, è la genesi ispirativa che si allontana in modo rilevante dai momenti generativi della poesia precedente.
La prima parte è incentrata su due nuclei poetici fondamentali che si rincorrono: il rapporto tra il Nord-Sud, visti dal poeta come elementi contrapposti, e il fascino-turbamento che la donna, il corpo femminile, trascina con sé. Sembrano due temi che hanno poco in comune fra di loro, eppure sono strettamente connessi.
Il Nord rappresenta una tentazione in opposizione alla semplicità, alla serenità, alla austera ma positiva vita del Sud.
“…/aspetterò te e il tuo nord / con addosso l’abito usato / regalatomi per il Natale scorso”… Il Nord acquista valenza adescatrice da cui è difficile sottrarsi “Bellezza del nord vestita di sud/…/ti affido il mio destino chimera e gorgone / i miei uccelli lirici le mie sabbie / a te bellezza del nord affido il mio sud”. Il Nord è sempre visto come estraneità: …laghi freddi del nord / se vengo soltanto per rivedere i tuoi occhi../…/ se ritorno soltanto dalla guerra dei tuoi occhi ritornerò / ad ascoltare nel buio i tuoi occhi / e chiamarli…/con un altro alfabeto”.
La donna, il suo corpo sono cantati con estasi, con trasporto lirico, con risonanze bibliche “…/ il tuo seno come due albicocche riempite di sole / la tua pelle sapore di miele/ …” ma sono anche eroticamente riconquistati “…/vado per le tue cosce come per le valli dell’Ohio/ e dal tuo collo vedo il mare/ dalle tua labbra bevo il mirtillo”.
E tuttavia le immagini associate alla donna sono da una parte il Nord, dall’altra il serpente: “ …/se cerchi le mie donne / sono già partite /…./ e il fischio del serpente/…”.
Questi elementi fanno propendere per una interpretazione che veda nel “Nord” e nella donna una associazione fra due poli. Sono due aspetti di una medesima tentazione che tenderebbe a stornare il poeta dalla sua vocazione più profonda.
Non è indifferente il fatto che la seconda parte della silloge presenti alcune belle poesie per la madre, ed altre ancora di riflessione della sua poesia. La figura della madre, il suo ricordo serve quasi a neutralizzare la funzione adescatrice della donna.
Anche in questa silloge sono presenti descrizioni di vita quotidiana che sono veri gioielli per la semplicità e il nitore, ma specialmente perché si contrappongono all’assordante, rumorosa vita d’oggi, infarcita di inutili orpelli. “Oggi ho da mangiare / pane e brodo di patate / insalata fresca di ruchetta /…”oppure pur se con accenni di malinconia “…/cammino a piedi su e giù per la città / godendo il sole che picchia/…”
Tralasciando le distillazioni poetiche presenti nella terza parte, è opportuno soffermarsi sulla quarta sezione del testo. Questa si sviluppa come un canto, da recitare con voce singola e coro, anche se le parti non sono esplicitamente indicate. La voce singola esprime i sentimenti del poeta che passa da una autoaccusa per la negatività della sua poesia ad una affermazione di orgoglio della sua libertà di poeta e dell’autonomia di espressione. La voce corale può essere quella dei lettori, della comunità d’appartenenza, della società ed esprime vituperio e condanna per i toni usati dal poeta e per essere stati da lui ingannati.
E’ la dichiarazione di una follia, quale può essere quella del poeta che si sente investito di una missione di verità al di sopra di tutto.
Le poesie che trattano dell’esilio e dell’infelicità sono rare in questa silloge, anche se tutta la raccolta è intrisa di malinconia.

 

Marzo 2006

 

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