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Poema dell'esilio Gezim
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- Creato Giovedì, 29 Marzo 2012 15:13
- Ultima modifica il Giovedì, 29 Marzo 2012 15:13
- Pubblicato Giovedì, 29 Marzo 2012 15:13
- Scritto da Marcelo
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Poema dell'esilio, una specie di panphlet politico rivolto alla classe dirigente e intellettuale albanese, è intenso per la forza, coraggio politico espresso, alieno da ogni tentazione di compromesso. Si riporta l'analisi di Giorgio Linguaglossa che mi sembra molto pertinente.
Un poema insolito, con una scrittura dì getto che conserva la freschezza delle passioni: del disprezzo e dell'amore, disprezzo per la classe politica e intellettuale albanese e amore per il popolo albanese denegato, umiliato dalle sue corrotte classi dirigenti. Gézim Hajdari si conferma essere un poeta in esilio di grande tempra e personalità. Come scrive l'autore nel risvolto dì copertina: poema tratto "da alcuni appunti è alcune lettere che ho scritto nel corso degli ultimi anni, dal 1991 ad oggi", gli anni che vanno dal crollo della dittatura staliniana di Hoxha alla nascita dei pluralismo, dopo mezzo secolo di terrore e isolamento totale del popolo albanese dal resto del mondo. Più che poema lo scrit¬to in questione é un vero e proprio atto d'accu¬sa, esposizione delle ragioni di una pubblica accusa nei confronti del potere becero che occu¬pa ì palazzi di Tirana in, luogo d'un popolo con¬culcato e denegato; pamphlet nutrito di intemperanza e dì passione politica come in Italia non ricordiamo di avere avuto almeno dai tempi dell'Italia comunale. Hajdari fa i nomi dei cor¬rotti, indica i responsabili dei soprusi e delle mafie, mette alla gogna le consorterie degli intellettuali di regime qualificandosi un poeta in esilio e quindi libero di prendere la parola. L’autore scnve: "Ai poeti è cresciuto il gozzo e stanno diventando gli uomini più pericolosi per il futuro del Paese”. Sarei tentato dì chiedere a Hajdani se crede veramente che in Italia, dove abbiamo l'onore dì ospitarlo da molti anni, il problema dei poeti di corte e degli imbonitori sia cosa diversa che a Tirana. I poeti dì corte sono una marmaglia che non conosce confini e che attraversa tutte le latitudini e le longitudini badando alle prebende e al borseggio delle bri¬ciole che i potenti di tanto in tanto lasciano cadere dalle loro borse. Quello che manca in Italia è, un poeta della sincerità nominante dì Gezim Hajdari ma probabilmente non ci sono qui da noi le condizioni affinché cresca una simile voce dì eretico.
In un linguaggio crudo, quasi goffo, misto ad invettive e a sarcasmi, Hajdari pronuncia il più violento e coraggioso atto dì accusa contro i responsabili dello stupro di massa del popolo albanese, ed io resta quasi ammirato per la perentorietà dello stacco, la forza, la brutalità, il coraggio messi in mostra da Gezim Hajdari che scrive come soltanto un poeta può scrivere quando sono venute meno le ragioni stesse della scrittura poetica lirica: 'Nano appare alla televi¬sione pubblica come un ciarlatano, ubriaco, cena con ì gangster, si diverte nelle, discoteche. europee, si rilassa nelle ville degli sceicchi arabi ed organizza traffici e congiure, nell'arene della politica albanese senza politici…". E non posso nascondere l'alto apprezzamento per una lirica slicizzata fino all'osso della parata lanciata contro il muro del Potere occupato dalla nuova¬ vecchia nomenclatura albanese.
Marzo 2006